Resoconto 2° seminario 2012 – La formazione interculturale nel processo di globalizzazione delle imprese

Sabato 25 febbraio 2012, Milano – Frédérique Sylvestre

di Patrizia Amenta e Maura Di Mauro*

Un seminario, quello di Frédérique Sylvestre, che ha avuto come parole chiave i termini “Organizzazione per processi”, “Apprendimento Organizzativo”, “Identità del Formatore/Consulente Interculturale”. Dal suo intervento, sono state numerose le domande che sono emerse tra i partecipanti, a partire dalla struttura e dalla metodologia della ricerca presentata, gli esiti della stessa e le possibili applicazioni, le considerazioni del gruppo di lavoro sul tema del futuro dell’Interculturalità. In un clima partecipato, Frédérique Sylvestre ha delineato quelle che sono, a suo avviso, oggi, le caratteristiche di un’Azienda che considera l’Interculturalità: grandi dimensioni, settore prevalentemente high-tech, attenzione ai bisogni del gruppo di lavoro e dell’organizzazione – e non solo ai bisogni dei singoli.
Partendo da un’analisi del proprio percorso in Italia, Frédérique (nata in Francia ed è arrivata in Italia nel 1998) ha guidato i partecipanti del seminario a riflettere sul perché in Italia vi sia poca domanda di formazione/consulenza interculturale, e perché la stessa, a volte, si riduca a meri apprendimenti individuali, piuttosto che organizzativi. Convinzione di Frédérique Sylvestre è che un’organizzazione debba mettere in atto dinamiche che favoriscano l’interculturalità, anziché limitarsi solo a interventi di mera sensibilizzazione, che non portano ad un cambiamento effettivo nella cultura aziendale. Chissà, se un giorno l’Interculturalità possa ricoprire all’interno delle organizzazioni la stessa posizione che oggi ricoprono temi quali la leadership o la comunicazione – e che quindi possa acquistare una posizione di maggior rilievo.

La ricerca svolta da Frédérique insieme ad un gruppo di lavoro della società di consulenza Before, di cui Frédérique è partner, è una ricerca di tipo qualitativo, che si basa sulla metodologia delle interviste individuali.
La ricerca sui processi di internazionalizzazione delle aziende illustrata aveva 3 principali obiettivi:

  1. Approfondire criticità/opportunità create dalla presenza di culture diverse in aziende globalizzate;
  2. Confrontare le difficoltà incontrate dalle aziende e le modalità di superamento tramite l’identificazione di Best Practices comuni;
  3. Comprendere le esigenze di un intervento interculturale durante il processo di internazionalizzazione delle aziende al fine di creare un’offerta strutturata, mirata ed innovativa che accompagni lo sviluppo organizzativo.

 

A tal fine sono stati coinvolti gli HR e i direttori generali di 12 aziende private, attraverso interviste semi-strutturate condotte con una traccia su alcuni temi chiave. Le interviste hanno avuto una durata media di circa 90 minuti. I contenuti delle interviste sono stati analizzati tramite l’analisi delle occorrenze e delle co-occorrenze, e sono quindi stati raggruppati in aree tematiche, e suddivisi in categorie di risposte.

A seguito dell’elaborazione dei dati e della strutturazione di un report di ricerca, proprio nei giorni precedenti il seminario organizzato da SIETAR Italia, Before ha organizzato un incontro di restituzione dei risultati e di riflessione che ha coinvolto i partecipanti della ricerca ed altre aziende potenzialmente interessate al tema. Tale processo di follow up ha consentito l’avvio di un processo di confronto e di scambio di pratiche tra i presenti, oltre che di sensibilizzazione sul tema.

Le aziende che hanno partecipato all’indagine sono state categorizzate in base al fatto che fossero aziende italiane o straniere, e in base alla loro fase del processo di globalizzazione:

  • Le aziende internazionali: sono quelle aziende che hanno pochi (o nessuno) processi organizzativi condivisi con le loro filiali estere. All’interno di questo gruppo è stata collocata una sola azienda italiana;
  • La aziende in fase di globalizzazione: sono quelle aziende in la cui globalizzazione è un processo avviato ma non completato il che vuole dire che alcuni processi sono comuni ma non tutti. In questa categoria sono state collocate 5 aziende (3 italiane e 2 francesi), che operano principalmente nei settori Finance e Logistica.
  • Le aziende globali: sono quelle aziende in cui tutti i processi aziendali sono globalizzati. Rientrano in questa categoria 6 aziende che hanno partecipato alla survey (2 italiane, 2 americane, 1 italo-francese ed 1 spagnola).

 

Durante il suo intervento, Frédérique Sylvestre ha ricevuto molte domande sul tipo di organizzazioni che hanno fatto parte del campione intervistato; in particolare sul settore di appartenenza, la struttura e il clima aziendale. Secondo la sua riflessione, le aziende maggiormente globalizzate e più sensibili nei confronti dell’Interculturalità, sono quelle in cui i processi partono dal livello Corporate a cascata e hanno una struttura organizzativa a matrice.
Un forte contributo all’illustrazione della ricerca è stato offerto anche da un nostro socio SIETAR Italia, Marco Croci, che ha fatto parte del gruppo di lavoro Before sulla formazione interculturale nei processi di internazionalizzazione aziendale. Marco ha sottolineato come le strategie di marketing locali non favoriscano lo sviluppo di un processo interculturale, e che tale processo sia favorito da aziende mono-prodotto, o che abbiano un prodotto standardizzato. Le aziende maggiormente globalizzate sono le azienda technology driver, ancor più che service driver, in quanto spinte dai mercati, dalla concorrenza, dalla ricerca e dall’innovazione tecnologica.

I risultati della ricerca hanno messo in luce 4 principali “macro fattori”, tra di loro interconnessi, ma il più delle volte impliciti e non espliciti alle aziende, e da tenere sotto controllo e da gestire nel processo di internazionalizzazione:

  • Le Criticità nelle Relazioni Interculturali: che possono essere di quattro principali tipologie:
    • Individuali: la solitudine, la demotivazione, il disagio, l’inadeguatezza, etc.,…;
    • Relazionali: conflitti interpersonali, interprofessionali o tra gruppi, un clima negativo, distorsioni delle Informazioni, sfiducia, diversa interpretazione dei problemi, etc.,…;
    • Organizzative: inefficienze, ritardi, turn-over, discontinuità nell’applicazione dei processi di business, etc.,…;
    • Legate al business: boicottaggi, rientri degli espatriati, boicottaggi, relazioni faticose tra Corporate e filiali, opportunità trascurate, innovazioni/creatività, missioni all’estero fallite, etc.,…

 

Di fronte a queste criticità, solo alcune aziende le riconoscono e attivano azioni di supporto, ad esempio tramite la formazione, la consulenza o il coaching; altre aziende, riconoscono queste criticità ma non richiedono o non predispongono un intervento, in base alle convinzioni aziendali; altre aziende ancora non riconoscono queste criticità e demandano ai singoli la risoluzione delle stesse, a volte a causa dei pochi contatti internazionali.
Secondo Frédérique un’altra forte criticità è rintracciabile nel fatto che l’Interculturalità è un tema socio-politico e non solo aziendale, caratterizzato dai flussi migratori.
Una delle leve da utilizzare nella sensibilizzazione e nella relazione di acquisto/vendita con i propri clienti, è quella di invitarli ad una riflessione sui costi della non gestione di tali criticità.

  • Le Convinzioni sulle Problematiche Interculturali:
    • Convinzioni limitanti: ad esempio il delegare al singolo la risoluzione dei problemi, spostare sui processi organizzativi la responsabilità di gestire le criticità, separare la cultura dalle altre dimensioni o banalizzare i problemi;
    • Convinzioni facilitanti: ad esempio il vedere le differenze come una risorsa e mettere in atto una negoziazione di tipo integrativo e non distributivo.
  • Gli Strumenti per la Globalizzazione dell’Impresa: tra le aziende intervistate sono stati individuati cinque principali strumenti, usati al fine di gestire le differenze:
    • la formazione: ad es. i master interni con partecipanti di diverse culture, Formazione su Paesi Specifici (soprattutto su India e Cina),
    • la selezione: ad es. tra i criteri di selezioni vi è l’esperienza pregressa all’estero
    • la struttura organizzativa: ad es. l’eterogeneità culturale dei membri del Board
    • gli scambi: ad es. Job rotation Internazionali e Team Interculturali
    • le politiche aziendali: ad es. le politiche di marketing interculturale che tengono in considerazione le specificità paese.

 

Dalla ricerca presentata emerge come a volte i singoli strumenti non siano di per sé sufficienti, soprattutto laddove siano connessi da convinzioni limitanti; ad esempio, quando al fine di favorire processi di globalizzazione, si crede che il fatto che vengano selezionate persone che parlano l’inglese risolva il problema. Altre volte si nota che gli strumenti adoperati sono concepiti come obiettivi e non mezzi per raggiungere degli obiettivi.

  • I Modelli per affrontare le Differenze di Cultura: le aziende che hanno partecipato alla ricerca sono posizionabili lungo un continuum che ha ad un estremo il fatto di avere un modello di gestione delle differenze implicito, e all’altro estremo il fatto di avere un modello di gestione delle differenze esplicito. La ricerca ha inoltre messo in luce quattro principali modelli di gestione delle differenze:
    • il controllo: modalità molto accentrata;
    • l’autonomia: modalità decentrata per filiale o paese;
    • l’integrazione: parziale o complessiva dei processi;
    • l’integrazione orizzontale: molto efficace, in quanto, anche a volte partendo dal basso, si riesce a creare una nuova cultura.

 

Un ultimo tema condiviso da Frédérique è stato il tema delle aspettative delle aziende in merito alla Formazione/Consulenza Interculturale. Su questo tema la survey condotta dal gruppo Before ha identificato 3 macro categorie:

  • Lo sviluppo di Capacità Individuali: interventi che aiutino a sviluppare quelle capacità che consentono di sostenere i team di lavoro multiculturali, il management nella declinazione di modelli organizzativi, o di sviluppare competenze interculturali di base quali l’ascolto, la considerazione di altri punti di vista, ecc…
  • Lo sviluppo dell’Integrazione Organizzativa: interventi che aiutino a creare uno stile relazionale di management comune ed un linguaggio comune a tutti i livelli, o di accrescere l’integrazione interculturale attraverso competenze o leadership interculturali;
  • Le metodologie: interventi che consentano di valorizzare le esperienze interculturali per diffondere un apprendimento organizzativo, oppure di utilizzare le differenze attraverso metodologie quali l’uso delle narrazioni e dell’umorismo.

 

Per concludere, si è discusso sulla produttività degli strumenti usati dall’azienda ai fini del processo di globalizzazione reale anche nella cultura e non solo nelle strutture, su come il modello che guida l’azienda sia coerente, oppure no, con le convinzioni, strumenti e criticità e sul ruolo che il Formatore/Consulente Interculturale possa avere in tutto ciò. Questi sono temi di indubbio interesse, che ci spingono ad una riflessione più profonda sul nostro ruolo, in un tempo ed in uno spazio in continua evoluzione.

Per scaricare la presentazione della survey e dei suoi risultati forniti da Frédérique Sylvestre cliccate sul pulsante a lato

 

* Patrizia Amenta è una Psicologa Clinica e di Comunità; esperta in processi di Formazione e di Sviluppo Organizzativo e Relazionale; formatrice e orientatrice.
Maura Di Mauro è una Psicologa Sociale e del Lavoro; formatrice, consulente, coach interculturale